Air India: tutti già colpevoli, tranne chi dovrebbe parlare davvero

 


Il recente disastro aereo che ha coinvolto un volo Air India sta già seguendo la solita, triste sceneggiatura mediatica: l’incidente è ancora caldo, i dati ufficiali non sono disponibili, ma la colpa è del pilota. Punto.


A poco più di 48 ore dalla tragedia, i media si sono lanciati in un circo indegno fatto di supposizioni, frasi “rubate” da esperti improvvisati e ricostruzioni fantasiose. Il tutto condito da titoli urlati e affermazioni categoriche, come se fossimo già al verdetto finale. Il problema? Il report ufficiale non è ancora stato pubblicato.


La caccia al colpevole: sempre lo stesso copione


È ormai un copione consolidato. Quando accade un incidente aereo, si parte subito con la caccia all’errore umano. Il pilota diventa il bersaglio perfetto: non può difendersi, è il volto umano di un sistema tecnico e complesso, e soprattutto – diciamolo – fa audience.


Ma questa volta si sta toccando un nuovo fondo. Non solo si punta il dito contro il comandante sulla base del nulla (al massimo, di qualche leak anonimo e impreciso), ma si sta costruendo un'intera narrazione emotiva per cavalcare l’onda del clamore. Talk show, opinionisti, titoloni da clickbait: tutto serve a trasformare una tragedia in intrattenimento.


E l’inchiesta dov’è?


Le autorità aeronautiche stanno ancora analizzando i dati delle scatole nere, i registri di volo, le condizioni meteorologiche, le comunicazioni con la torre di controllo. Il lavoro serio richiede tempo, rigore, competenza. Ma ai media questo non interessa. Troppo lunga l’attesa, troppo noioso l’approfondimento. Meglio sparare sentenze ad effetto.


E così l’opinione pubblica viene plasmata in tempo reale da chi ha più audience, non da chi ha più dati.


I rischi di una narrazione manipolata


Attribuire colpe a caldo, senza prove e senza analisi, non è solo scorretto. È pericoloso.

Perché alimenta sfiducia verso la categoria dei piloti, crea confusione tra cause reali e percepite, e soprattutto ostacola il lavoro degli investigatori. Se già tutti “sanno” cos’è successo, perché attendere il report?


Facciamoci una domanda: a chi conviene?


Chi ci guadagna da questa isteria collettiva? Di certo non le vittime, né le famiglie. Ma i media, sì. Guadagnano click, visibilità, engagement. E, come sempre, in questo gioco cinico, la verità può aspettare.


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