"Donne che evirano uomini": il nuovo show che sarebbe illegale se i ruoli fossero invertiti!


 📺 Ha fatto il giro del web l’annuncio del nuovo programma dal titolo a dir poco esplosivo: “Donne che evirano uomini”.

Sì, hai letto bene. Un titolo che non lascia spazio a dubbi o interpretazioni soft. Un attacco diretto, provocatorio, disturbante — eppure, trasmesso in TV.


🔪 Che si tratti di una “castrazione” simbolica, di una ribellione femminile o semplicemente di un’operazione di marketing estremo, la domanda resta: se fosse il contrario?


🔄 “Uomini che evirano donne”: programma o processo penale?


Immaginiamo, per puro esercizio mentale, un programma intitolato “Uomini che evirano donne”.

Cosa succederebbe? Denunce, proteste, campagne di boicottaggio, titoli di giornale, interrogazioni parlamentari. E giustamente.


Ma allora perché "Donne che evirano uomini" passa senza indignazione?

Quando la violenza è rappresentata simbolicamente contro l’uomo, la società tende a minimizzare. Quando è il contrario, si accende (giustamente) ogni allarme.


Questa non è parità, è ipocrisia.


🎭 Provocazione o pericoloso precedente?


Chi difende il programma lo definisce una provocazione artistica. Una “metafora” del potere femminile che si riprende la scena.

Ma il rischio è enorme: normalizzare la violenza verbale e simbolica contro gli uomini, sotto la maschera della "liberazione".


Oggi sono le parole. Domani?


⚠️ La TV ha superato ogni limite?


In un momento storico in cui si parla di inclusività, rispetto, parità di genere, è inaccettabile che certi messaggi passino indisturbati solo perché “vengono dalla parte giusta”.

Non esiste una “violenza buona” o “giustificata”. Se un messaggio sarebbe inaccettabile a ruoli invertiti, non è accettabile in nessun caso.



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✅ Conclusione:


"Donne che evirano uomini" è più di un titolo provocatorio: è un campanello d’allarme.

Un segnale che la nostra società sta smarrendo la coerenza morale, accettando ciò che è inaccettabile — purché sia “contro l’uomo”.


Non si tratta di negare i diritti delle donne, ma di pretendere rispetto reciproco, sempre.

Perché la parità non è vendetta. E la TV non può trasformarsi in un tribunale senza regole.


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