Milan, sogni svaniti e plusvalenze: la gestione RedBird è una speculazione mascherata?

 Da quando RedBird ha preso le redini del Milan, molti tifosi si sono chiesti: stiamo davvero assistendo alla rinascita di un grande club, oppure ci troviamo davanti all'ennesima operazione di speculazione finanziaria ben confezionata?

La promessa era chiara: investimenti intelligenti, crescita sostenibile e ritorno ai vertici del calcio europeo. Ma a distanza di tempo, il bilancio è amaro: un progetto tecnico che cambia ogni stagione, allenatori sacrificati sull'altare del marketing e giocatori trasformati in asset da valorizzare, non per il campo, ma per il mercato.

Le voci interne parlano di strategie orientate più al bilancio che alla gloria sportiva. Acquisti low cost, giovani da rivendere al miglior offerente, tagli sugli stipendi e una filosofia improntata al massimo guadagno col minimo rischio. Non è un caso se il termine “Moneyball” viene spesso affiancato alla visione americana del club, ma il calcio europeo non è un grafico Excel.

Il Milan non è una startup da lanciare e rivendere. È una squadra con storia, cuore e milioni di tifosi che chiedono certezze e passione, non comunicati aziendali patinati.

Il dubbio cresce, alimentato da una gestione che sembra più interessata alla valorizzazione commerciale del brand che ai risultati sul campo. E mentre i conti sorridono a RedBird, i trofei restano un miraggio.

Forse è ora che i tifosi si pongano una domanda scomoda: RedBird è qui per far vincere il Milan... o per vendere bene il Milan?

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